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giovedì 8 marzo 2012

Quando "festa" è riduttivo

 Sulla storia di questa giornata si è parlato molto: è stata per molti anni convinzione comune che la data fosse stata scelta, nel 1910, per ricordare le operaie americane morte due anni prima durante un incendio avvenuto nel corso di uno sciopero; poi si è restituita la "maternità" (suffragata da una ricca documentazione) alla Conferenza Internazionale delle donne comuniste del 1921: la data commemora la rivolta delle donne di San Pietroburgo - che manifestavano contro lo zarismo e per rivendicare la fine della guerra - avvenuta il 23 febbraio 1917 (corrispondente, nel nostro calendario gregoriano, all'8 marzo).

In realtà ciò che è più importante è la storia della rivendicazione delle libertà fondamentali e dei diritti delle donne nel suo complesso. 
Tra suffragette "borghesi", Internazionali socialiste e comuniste, intellettuali, economisti (come John Stuart Mill che propone l'idea del suffragio femminile nel 1865) e gente comune, la strada per queste rivendicazioni è stata molto lunga: le prime richieste formali risalgono alla Rivoluzione francese.
Ci sono voluti quasi 200 anni prima che l'ONU - con la Risoluzione 32/142 del 1977 - invitasse gli Stati membri, nel rispetto delle loro tradizioni storiche e nazionali ad indire una Giornata delle Nazioni Unite dei Diritti delle Donne e della Pace Internazionale “per ricordare il fatto che la sicurezza della pace ed il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali hanno bisogno della partecipazione attiva, dell’eguaglianza e dello sviluppo delle donne”. Molte nazioni scelsero l’8 marzo e lo stesso anno l’UNESCO proclamò l’8 marzo "GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE DONNE".
Non si sa come sia arrivato l'uso del termine "festa", forse per motivi di business, forse perche è un termine con il quale è più facile sminuirne i contenuti e la storia. "Festa" è riduttivo, "Giornata" comprende tutto: memoria, riflessioni, proposte, condivisioni e (perchè no!) anche festa. 
Una sorta di "punto della situazione": ricordare le conquiste (sociali, economiche, politiche), ma anche sottolineare le discriminazioni e le violenze alle quali le donne sono tuttora soggette. 
L'impervia strada, intrapresa molto tempo fa, non è ancora del tutto finita.

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